sabato 30 aprile 2011

episodio 13: Ciò che gli UFO desiderano veramente

"perchè no?" "perché sono più evoluti e probabilmente non hanno interesse a conoscerci." "lo era anche Dio, eppure ci ha mandato suo Figlio..." sentenziò Abissinia. Tito innarcò il sopracciglio, quindi, chiuse la rivista. era "Stop" con la copertina grigia zeppa di petrolio ed il bollone rosso. "se davvero il tuo Dio esistesse faresti meglio a preoccuparti..." commentò, riaggiustandosi il foulard. si rivolse poi al bancone. "pago due ponce..." "Dio ci ama..." borbottò Abissinia rimasto da solo al tavolo. c'erano dei momenti in cui era costretto a ripeterselo. "ci vediamo dopo..." lo salutò l'uomo con un sorriso allusivo. scomparve dietro la tenda di plastica verde. avevamo appena terminato gli allenamenti. un manipolo di ragazzi che inseguiva il sogno del calcio in riva al mare, sotto le ciminiere della Solvay. un manipolo di genitori che riversavano sulle loro esili vite mediocrità e cupidigia. forse gli Ufo ci avevano davvero osservati e consapevolmente avevano tirato dritto.

sabato 23 aprile 2011

episodio 12: Le parole non servono

iI rudere si chiamava Acque della Salute. ne osservai le logge decrepite alla luce della luna. le sorgenti un tempo guarivano disturbi dello stomaco, del fegato, dell’intestino. persino i postumi della malaria. adesso un cavalcavia gli passava attraverso. Abissinia stava riscaldando l'eroina disciolta nella stagnola. osservai il marocco legato e imbavagliato. Sembrava aver capito che finiva male. mi alzai e gli tolsi il bavaglio. "Vi prego..." supplicò. "Baraldi aveva fatto acquisti da te quella sera?" gli tornai a chiedere. lui finalmente annuì. "da quanto?" "qualche mese..." pensai che era un lusso per un operaio della Solvay. la sostanza, comunque, era chiara: la sera in cui il Baraldi s'inginocchio sulla statale per farsi spremere era strafatto. "Lara la conoscevi?" uscì da sola. era una domanda incongrua dopo tutto quel tempo. non ricordo nemmeno la risposta. Abissinia mi guardò. credé di cogliere nel mio sguardo l'intenzione e senza pensarci iniettò la morte al marocco.

episodio 11: I sensi di colpa si risolvono solo con la violenza

Abissinia tornò con la birra ancora in mano. si sedette al tavolo, mentre il marocco lo guardava da lontano. non aveva capito con chi aveva a che fare, ma certo qualcosa non gli quadrava. "che dice?" Abissinia ingoiò un sorso prima di rispondere. "che gli dispiace, ma Baraldi non era del suo giro." "bugia?" gli chiesi. Abissinia annuì. "e Lara...?" "è passato troppo tempo per sapere... dovevi pensarci all'epoca ..." da lui non c'erano da attendersi approssimazioni. sempre e solo logica e follia. "che facciamo?" mi chiese, passandomi la stagnola col fumo che aveva appena acquistato. risposi senza distogliere lo sguardo dallo spacciatore. "andiamo da qualche parte, poi torniamo qui a sera ...". 

sabato 16 aprile 2011

episodio 10: Livorno è sulla luna


di don Medocchi, cinquantenne parroco della chiesa di San Benedetto, e delle sue particolari inclinazioni bastava chiedere agli sbandati di piazza XX Settembre. altrettanto ai piccioni che finiva a bastonate per ingannare il tempo nei pomeriggi d’estate. se Abissinia avesse, dunque, perso la presa poco male. tornati al bar aspettammo, scrutando la piazza gremita. imparai così che i livornesi camminano strusciando i piedi, che parlano a voce alta e che a parole sono tutti comunisti. per me che nasco al nord Livorno è la luna. il marocco comparve intorno alle quattro del pomeriggio, assieme ad altri due compari. Abissinia era al telefono a gettoni che prendeva accordi con Tito. gli feci segno. congedò l’amante, ordinò al banco una bottiglia di birra e si diresse verso i tre, tranquillo come l’apocalisse. lo seguii con lo sguardo.

episodio 9: A testa in giù si parla meglio

sei sicuro?” gli chiese Abissinia. non sembrava faticare, mentre lo teneva per la caviglia. “la roba gliela vendeva da qualche mese il marocchino…” gridò terrorizzato. “e prima?” domandai. “prima non so… vi prego…”. piagnucolò. Abissinia mi dette uno sguardo, quindi, accennò al baratro. avevo ancora una domanda da fargli. “conoscevi Lara Bandini?” l’uomo provò a guardarmi negli occhi, ma alla rovescia e col panno sul capo era difficile. “chi?” chiese intontito. “Lara Bandini…” ripeté Abissinia. capii dal silenzio che stava passando in rassegna l’anagrafica dei propri peccati. “è morta di overdose cinque anni fa’.” chiarii. “la roba l’aveva comprata in piazza.”. “all’epoca non ero qua…” mormorò. Abissinia, poco convinto, gli dette uno scrollone. “stavo ancora in brianza!” urlò. feci cenno al mio amico di rimetterlo sul ballatoio. l’uomo si accasciò come un sacco di patate. “Grazie per le informazioni, padre.” si congedò Abissinia.

sabato 9 aprile 2011

episodio 8: Tu come vorresti morire?

sopra il cielo, sotto l'alveare. era pieno di baracche di lamiera zeppe di mercanzie gettate alla rinfusa, come se un tornado le avesse assunte in cielo, quindi, scaraventate a terra. in piazza XX Settembre vendevano e compravano, gridando con le vocali aperte e le elle dilatate. le sciarpe amaranto della locale squadra di calcio, serrate in cappio, pendevano ovunque dai travicelli. annusai il profumo acre della scaduta di libeccio, le budella e il sangue del pesce gettato sull'asfalto. Dio era altrove e non accompagnò di certo Lara quando proprio lì aveva cercato il suo spacciatore. finii l'ultimo bicchiere. non avevo raccolto granché al bordello. solo l'indicazione di cercare nel giro della droga. "tu come vorresti morire?" chiesi ad Abissinia. ci pensò un istante, poi si alzò dallo sgabello lasciando i soldi sul bancone. "Come Dio vuole..." era questa la differenza: io pensavo solo a me, mentre  lui agiva per conto terzi.

episodio 7: Nasciamo individui e moriamo personaggi

mi ero trattenuto con la bruna dopo che lo sbirro se ne era andato. il bordello la mattina concilia a perdere tempo. sesso, una sigaretta, qualche parola e le ansie passano. uscendo incrociai Madame Franca, la tenutaria. "non mi hai ancora portato nessuno dei tuoi ragazzi..." mi rimproverò. era vero nonostante al campo da gioco me lo chiedessero di continuo. "sei sempre il solito, Bontempi..." mi sorrise. "prometti, non mantieni e ti circondi di stronzi..." A lei Giovanni non piaceva per niente. diceva che insieme a certi suoi colleghi si era infilato in giri strani. "quello è un pezzente ... nell'animo...". sentenziò. ne conoscevo un mucchio così e non necessariamente sbirri. la osservai. In fondo pure lei era diventata un personaggio. nel casino ognuno recitava il ruolo alla perfezione: la tenutaria filosofa, lo sbirro una merda e io la buona canaglia. suonavamo falsi come mestoli di latta in una ferramenta. "della morte di Elio Baraldi sai niente?" le chiesi, sovrappensiero.

sabato 2 aprile 2011

minimo noir: episodio 6: Dal casino si vede il paradiso

minimo noir: episodio 6: Dal casino si vede il paradiso: "vidi i loro sguardi incrociarsi nella penombra del corridoio. il vecchio spostò lo sguardo su di me. tornò ad interrogare muto il mio amico ..."

episodio 6: A Livorno dal casino si vede il paradiso

vidi i loro sguardi incrociarsi nella penombra del corridoio. il vecchio spostò lo sguardo su di me. tornò ad interrogare muto il mio amico sbirro che annuì. si infilò, quindi, furtivamente nel boudoir della madama. "ma quello non era...?" "fatti i cazzi tuoi..." mi zittì lo sbirro. difficile che i preti amino la pubblicità, pensai. procedemmo guidati dalle nostre due ragazze. giungemmo nell'alcova del secondo piano, quella col terrazzino da cui si vedeva il vescovado. cominciammo a spogliarci. "sicuro che sia suicidio?" gli chiesi. "come la morte..." ribadì lui, togliendosi un pedalino. "e il motivo...?" "chi se ne frega? sono un poliziotto, mica un giornalista..." le ragazze erano già nude e ridevano serene, mentre io avevo ancora un tarlo. "nessuno indaga più, quindi?" "perché mi fai tutte queste domande? il Baraldi era amico tuo?" mi chiese fissandomi con le mutande alle ginocchia. No, non lo era. Nemmeno suo figlio Pietro.

minimo noir: episodio 5: I fiori più belli sono al cimitero

minimo noir: episodio 5: I fiori più belli sono al cimitero: "dalla collina si vedevano le ciminiere. ingoiai un sorso di birra. l'odore salmastro invadeva il cimitero. sulla lapide di Lara qualche fior..."

episodio 5: I fiori più belli sono al cimitero

dalla collina si vedevano le ciminiere. ingoiai un sorso di birra. l'odore salmastro invadeva il cimitero. sulla lapide di Lara qualche fiore secco e un po' di terra portata dal vento. non ero lì per amore, ma per senso di colpa. ho spento troppe stelle in vita mia e poche ne ho cercate. è il destino dei perditempo. sapevo che avrei rifatto tutto allo stesso modo. che le persone si stancano delle altre e mantengono i patti solo per debolezza. "andiamo?" mi voltai. Abissinia aveva finito di raccogliere i fiori dalle altre tombe. poggiai allora la bottiglia sulla lapide e mi allontanai con lui. "che ne pensi?" gli chiesi, rinserrato nel paltò. "che per sapere dobbiamo chiedere..." di gente ne conoscevo. essere stato un calciatore aiutava. "non c'erano gladioli..." si lamentò Abissinia, accennando ai fiori. a Tito, il suo amante, piacevano. accelerai il passo. l'inverno nei posti di mare lascia lunghe ombre e vento freddo che non giova alla poesia.